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Nisba, piccola indagine etimologica

I dialetti d’area lombarda hanno dapprima coniato e poi esportato anche altrove un curioso termine per indicare il dissenso categorico: nisba, come a dire niente, niente da fare, non se ne parla nemmeno.

Parola che mi è familiare fin dalla più tenera infanzia e che ho sempre data per scontata, senza mai interrogarmi sulla sua comprensibilità anche in altre zone d’Italia. Fin che, qualche tempo fa, non mi è venuta voglia di indagarne l’etimologia.

L’avessi pensato anche solo quindic’anni addietro, ci sarebbe stato da girare come trottole tra biblioteche e istituti di linguistica; per fortuna oggi c’è il pescosissimo mare di internet, dal quale, con buone volontà e cognizione di causa, si possono estrarre un sacco di aiuti appropriati.

Torniamo dunque al nostro nisba. Lo ripeto, a Mantova, come in diverse altre località della Lombardia, il significato lo conoscono anche i muri; meno chiarezza c’è sulla sua origine.

Il primo tour esplorativo per il web ha dato risultati quanto meno stravaganti: per Yahoo Answers il termine lombardo viene pari pari dal toponomastico arabo nisba, per Wiktionary dal siciliano, qua e là qualcuno spunta con il milanese. Ora, se il primo può essere scartato senza altro dubbio, il secondo e il terzo non risolvono il nostro interrogativo; al più quello può generare ulteriore confusione, poiché prende per siciliano un prestito da parlate settentrionali.

Il fiasco dimostra, come dicevamo sopra, che la ricchezza di internet non è d’aiuto se non si hanno adeguati strumenti critici e interpretativi. Nel nostro caso lo strumento è qualche manciata di nozioni di linguistica storica e comparativa.

Da un punto di vista storico sappiamo che la dominazione asburgica, conclusasi solo con l’unità d’Italia, ha lasciato nei dialetti del Lombardo-Veneto più di un calco: ricordiamo qui a titolo esemplificativo, e non esaustivo, il veneto schei per i soldi, o ancora l’espressione del mantovano andar a slofen per andare a dormire. Anche nisba rientra in questa serie.

Da un punto di vista comparativo, è evidente ed indubbia la corrispondenza della prima sillaba con il tedesco nichts (niente, nessuno). Più difficile risalire all’origine della seconda.

Però se consideriamo la facilità di assimilazione di parole allofone dei dialetti lombardi e la loro buona predisposizione, contrariamente all’italiano, a far proprie parole eterogene non terminanti per vocale, troviamo un interessante indizio: vale a dire che probabilmente la seconda parte del nostro termine viene da un monosillabo, plausibilmente terminante per consonante debole anche all’orecchio di un Lombardo, come possono essere nelle lingue germaniche le liquide, la R in particolare.

A questo punto, sulla scorta dell’analisi appena illustrata, sì che internet diventa strumento insostituibile. Considerando che difficilmente vocaboli in uso circa un secolo e mezzo fa siano spariti dal tedesco odierno, lanciamo una ricerca lessicale sui maggiori dizionari e tesauri online: la parola dev’essere un monosillabo iniziante per ba e terminante preferibilmente con una liquida, vale a dire L o R. I risultati sono due: rispettivamente bar (contante) e Ball (ballo, festa).

Tombola! Ci siamo: rispettivamente niente spiccioli e niente ballo, come a dire niente elemosina e festa finita. Immaginiamo queste espressioni nel contesto della dominazione germanofona; non è difficile leggerle come un ruvido tagliar corto ad ogni manifestazione di malcontento o ad ogni richiesta di deroga alle severe leggi imposte dagli Asburgo alle regioni occupate.

Ed ecco allora finalmente la nostra voce trovar posto nel dizionario etimologico:
Nisba: avverbio d’origine lombarda d’etimologia non certa. Dal tedesco nichts (niente, nessuno) più bar (contante) o Ball (ballo).


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