Pensavo d’aver dormito poche ore,
invece pareva passata un’era.
M’ero steso al termine d’un mattino
di sole, pulito, a ordinar parole.
Ora una donna, a me pari per lingua
stato e colore,
mi cede il posto al bancomat
dopo averci fatto pisciare il cane;
un magrebino ubriaco
in storto equilibrio su una panchina
arringa un’invisibile platea;
all’appartamento al piano terreno
sbarrano le finestre
le inferriate antiscasso;
una bici lasciata di traverso
m’impedisce il passo sul marciapiede.
Respiro un odore da fine impero
assediato dai barbari.
Pure non si cade abbattuti da altri;
ci si accartoccia d’un poco alla volta
scivolando via dalla propria nicchia,
liberandola per chi vi subentra.
Davvero ho dormito tanto da giungere
ignaro fino a questo?
Mentre rincaso, la vecchia vicina
domanda se sia mio l’asciugamano
che giorni addietro
ha raccolto e steso al filo comune.
Non stiamo ancora scivolando via,
non tutti almeno.