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L'Europa tra virus, migranti e schiaffi

Ha suscitato sdegno da più parti l'accoglienza riservata alla presidente della commissione europea durante la recente visita ufficiale in Turchia. [1] Infatti, se da un canto proprio il protocollo dell'Unione prevede che in questi frangenti al presidente del consiglio spetti la precedenza sul presidente della commissione, [2] dall'altro è difficile non vedere una certa ostentazione di arroganza nell'episodio.
E giusto quest'ultima richiederebbe una riflessione sull'attuale irrilevanza europea. Irrilevanza che la pandemia di COVID-19 ha messo anche sotto gli occhi di chi prima si ostinava a non volerla vedere.
Due passi dal Diary from the quarantine, uscito a maggio 2020, segnano bene il punto.

“Il virus per l'Unione europea avrebbe potuto essere un'ottima opportunità di mostrare la sua assoluta importanza nella vita quotidiana del suo mezzo miliardo circa di cittadini. La risposta sarebbero dovute essere misure comuni e un fronte comune contro l'emergenza sanitaria. Invece si è persa un'altra volta una grande occasione.
L'UE di oggi mi ricorda moltissimo l'Italia del Rinascimento: una piccola area geografica frammentata in tanti staterelli, ciascuno dei quali, come pesci rossi in una boccia, orgogliosamente egoista e in continua competizione con tutti gli altri. E si condanna da sé a totale fragilità e irrilevanza internazionale. Un potenziale mostruoso (se integrata) dissipato senza appello.
I principi italiani non l'hanno capito secoli fa, i governi europei non lo capiscono oggi”.
“È chiaro che è l'Europa adesso il centro dell'epidemia. Un'epidemia arrivata forse da oriente e contro la quale chiudere i confini non ha alcun significato. Tuttavia chiudere i confini è l'unica risposta che l'Europa ha ripetutamente dato di fronte ai problemi”.

Il nocciolo della questione sta in questa debolezza. La stupida e bestiale difesa delle rispettive sovranità nazionali (politiche, fiscali, militari) degli stati membri a scapito dell'integrazione dell'Unione rende l'Europa terra di conquista per le potenze che le girano attorno; la stupidità e la bestialità di non volere una politica comune di gestione dei flussi migratori la rende perennemente ricattabile dai confinanti.
Lo "schiaffo" di Ankara segue quelli già ricevuti negli ultimi tempi a opera di Washington e di Mosca - che hanno apertamente affermato di non riconoscere un semplice mercato comune come interlocutore politico - e non sarà neanche l'ultimo. Ma è normale che a un'Unione europea, a cui sulla carta non mancherebbe nulla per diventare la prima superpotenza planetaria e i cui membri invece mandano tutto a monte per insignificanti beghe da mocciosi di cortile, arrivino ricatti, affronti e schiaffi.
Ed è grave soprattutto perché un'Europa integrata e forte, in virtù della propria storia, sarebbe l'unica a poter cercare di garantire a tutti di vedere rispettati i propri diritti (umani, sociali, economici, politici, religiosi, sessuali, sanitari, educativi). Invece, frammentata come continua a volere essere, non solo non può garantirli altrui, ma li vede progressivamente erosi anche ai propri cittadini.

Ma d'altra parte è davvero realstico aspettarsi tanto in un continente che appena il secolo scorso ha compiuto il proprio suicidio, infilandosi in due catastrofiche guerre fratricide ben presto degenerate in mondiali? E che dal termine della seconda è stato spartito e (rimane) di fatto occupato culturalmente, politicamente e persino militarmente?



1. Si veda l'articolo del 7 aprile 2021 sul quotidiano «The Guardian» [https://www.theguardian.com/world/2021/apr/07/ursula-von-der-leyen-snubbed-in-chair-gaffe-at-eu-erdogan-talks].
2. Si veda l'articolo dell'8 aprile 2021 sul sito di «Sky TG24» [https://tg24.sky.it/mondo/2021/04/08/ursula-von-der-leyen-erdogan-sofagate-significato].


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