Capitalizzare i risultati del 2016, anno di Mantova capitale italiana della cultura

Lo scorso 6 gennaio la Gazzetta di Mantova ha pubblicato a firma di Sandro Mortari un articolo intitolato “Ducale in calo dopo il boom. «Più dialogo col Comune»”. Già nel sottotitolo apparivano i temi del pezzo, vale a dire: necessità di un maggior coordinamento promozionale tra Palazzo Ducale e musei civici, e dubbi dei differenti direttori museali sui conteggi biglietti per il 2017 effettuati dal MiBACT.

A chiasmo, parto da questo secondo punto. Il ministero nella propria classifica cita invero solamente i musei statali; per Mantova dunque il solo Ducale, 22°, in posizione tutt’altro che trascurabile se si considera che la piccola città virgiliana non è una delle mete più gettonate dal turismo. Rispetto all’anno precedente si rileva una flessione di visitatori dell’11% ca.
Se si pensa però alla copertura mediatica data dallo stesso ministero a Mantova per il suo 2016 da capitale italiana della cultura, che naturalmente non poteva essere replicata anche nel 2017, a me sembra un dato comunque positivo; il confronto va infatti condotto con gli anni antecedenti al 2016.
Mi pare dunque immotivata la replica citata in articolo sul mancato conteggio degli ingressi con la Mantova card e con altre forme di biglietti cumulativi, anche perché almeno nel museo in questione la card non basta come titolo d’accesso; occorre infatti presentarla in biglietteria per ritirare (naturalmente senza alcun costo aggiuntivo) il classico tagliando biglietto, poi regolarmente vidimato dal personale museale. Ciò significa che anche i visitatori con card sono sempre conteggiati con scrupolo e professionalità.

Quanto al primo punto, vale a dire la collaborazione tra soggetti, ci sono in effetti importanti margini di miglioramento. Ancora il 2016 avrebbe potuto essere un’ottima occasione per rodare e avviare sinergie tra musei e operatori culturali e turistici più in senso lato. Dal mio punto di osservazione invece è stata forte l’impressione che ognuno continuasse ad andare per conto proprio; tanto l’annata buona aiutava tutti.
Ad esempio, alla fine del 2015 le guide turistiche si erano per la prima volta in decenni coordinate e date un’unica voce proprio per relazionarsi al meglio con le istituzioni e i musei al fine di contribuire all’impegno di riposizionare la città sulla mappa della cosiddetta industria turistica: un gesto concreto, una mano tesa che gli interlocutori hanno però accolto di norma con sufficienza, se non indifferenza. Almeno nei mesi in cui era toccato a me l’onorevole e oneroso compito di rappresentare ai tavoli la categoria.
Che almeno oggi quei medesimi soggetti si accorgano della necessità di collaborare per ottenere o mantenere migliori risultati è dunque una buona notizia. Se poi si decidessero a coinvolgere nella collaborazione anche quanti, come le differenti categorie di operatori culturali e turistici, il territorio lo promuovono e lo rendono fruibile ai visitatori con il proprio lavoro tutto il tempo dell’anno, questa sarebbe finalmente un’ottima notizia.
Allora sì i numeri dei musei cesserebbero di essere solo uno spot dai toni trionfalistici, senza alcuna significativa ricaduta per il comparto turistico, e si potrebbe capitalizzare la visibilità del 2016.

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