Museo diocesano Francesco Gonzaga, Sala delle Colonne
Un percorso di 42 dipinti dal 1956 al 2024 per illustrare l'articolata meditazione del mantovano Bruno Beltrami sul paesaggio e sul rapporto tra uomo e natura. Ne dice il curatore della mostra, Bruno Cavallaro:
« Bruno Beltrami, nato a Mantova il 5 maggio 1943, è istruito nell'arte della pittura insieme al fratello Nerio dal padre Edoardo, anch'egli pittore. A 16 anni partecipa alle selezioni provinciali dell'ENAL e per due anni le sue opere sono avviate alle manifestazioni nazionali. Per il carattere introverso e per gli impegni lavorativi si allontana a lungo dall'attività espositiva, senza però mai abbandonare del tutto la pittura. Che anzi riprende con vigore e con una nutrita produzione negli ultimi decenni, dei quali la presente mostra offre un interessante spaccato.
27 aprile - 12 maggio 2024
mercoledì - domenica, 9.30-12 / 15-17.30
Ingresso libero
Inaugurazione sabato 27 aprile, ore 17
Essa ci porta a seguire i temi e le suggestioni colte dallo sguardo lirico di Bruno Beltrami. Già il titolo, Poetica del paesaggio, è il programma di un viaggio in cui l'oggettività di quanto rappresentato va letta attraverso l’occhio di un pittore poeta.
Figura nella luce è stata scelta come copertina dell’esposizione per più motivi: protagonista ne è un nudo di donna, che da un lato mantiene ancorata l'opera alla realtà figurativa attraverso linee preziose che ne individuano la forma (si noti bene, composta da un solo tratto mai interrotto e tracciato con una sicurezza tale da confermare un progetto integralmente ed attentamente maturato nell'immaginazione del pittore), dall’altro trascolora con maestria cromatica in una consistenza quasi aerea, sovrapponendosi in trasparenza al paesaggio per creare una prospettiva atmosferica simile a un cielo primaverile tinto di rosa e di azzurro. Sembra quasi una ninfa allegorica o meglio ancora una figura che si invera, per dirla con Auerbach, come “forma più perfetta”, ovvero senza perdere la propria consistenza ed individualità, ma rimandando oltre, a un vero e proprio compimento semantico. Diventa figura dello sguardo dell'artista; uno sguardo giustamente interpretato al femminile, come pupilla dell’occhio del pittore (pupilla in latino è infatti un diminutivo che significa bambola o bambina) rivolta, come noi osservatori, ad ammirare il paesaggio. Le sue sembianze divengono dunque rarefatte affinché, a nostra volta ed attraverso di essa, anche noi possiamo vedere il tutto trasfigurato in poesia cromatica. L'opera è particolarmente rappresentativa del senso dell’inserimento della figura umana nei paesaggi per Beltrami: talvolta si colloca a monte del principio di individuazione e assume quasi un ruolo generativo della realtà raffigurata, come a rivestire il punto di vista di partenza dell'emozione dell'artista (ad esempio in Una voce nel deserto, dove la donna del Sahel contemplando il villaggio dal quale è esiliata sembra generarlo, oppure in Ultimo spettacolo, in cui la coppia sulla panchina, come noi osservatori, sta di fronte al lago); tal altra si pone a valle dello stesso principio, quasi come compimento e personificazione del senso contenuto nel paesaggio stesso (come in Il vuoto nella mente oppure in Inverno).
La ricerca dell'accostamento della poesia con la pittura del paesaggio non può non evocare il celebre motto latino “ut pictura poesis”, ovvero "come è la pittura, così è la poesia", che esprime l'idea che le due arti condividano principi comuni e possano essere considerate forme di espressione analoghe. Un orientamento che possiamo affermare sia programmaticamente perseguito da Beltrami con Poesia del 2018: un lirismo ricercato nell'ambito della pittura en plein air che richiama con forza il mito dell'Arcadia, il quale però in Beltrami prende le tinte più familiari dell'ambiente virgiliano, con i suoi specchi d'acqua, i banchi di nebbia, le foschie, così congeniali alla sua tavolozza. È particolarmente interessante l'aspetto tecnico di Sul lago d'autunno, per gli azzeccati accostamenti cromatici, e di Il banco di nebbia, nel quale si può quasi palpare la consistenza dell'aria carica di umidità. Mentre intrise di profonda emozione sono altre due opere quasi tra loro contrapposte per le polarità poetiche che esprimono: da un lato Maliconia, dove le tinte chiare del grigio sono distribuite in accordo col titolo, e dall'altro Aria di tempesta, in cui si fa percepibile la tensione trattenuta dal moto speculare delle onde e delle nubi.
Mi sia consentito un ultimo accostamento, forse azzardato, tra pittura e poesia: osservando Il mare d'inverno affiorano vecchi ricordi liceali delle Odi di Orazio, quando il poeta sulla riva del Tirreno esortava la sua amata Leuconoe (che in greco significa dalla mente candida) a non confidare troppo nel futuro, ma a vivere appieno il momento presente. Questo pensiero solo per confidare al visitatore della mostra quante suggestioni poetiche ed emozioni personali gli si possano svelare nel contemplare con attenzione la pittura di Bruno Beltrami. »