Una passeggiata nella gloria dei secoli

Spesso esclusa dagli itinerari turistici, Mantova viene da qualche tempo riscoperta soprattutto in occasione del Festivaletteratura o di qualche mostra di richiamo internazionale. E anche in questi casi è sempre considerata meta da consumare in giornata; grande torto ad un centro che, per la concentrazione di monumenti, potrebbe forse rivaleggiare con Firenze e Venezia; come quest’ultima poi interamente circondata dall’acqua.

Camminare per le vie di Mantova è come percorrerne la storia dal vivo.

Arrivando in auto da est (un’ottima mossa è quella di parcheggiare nell’area commerciale di Boccabusa e di arrivare in centro con il bus navetta) si gode di uno spettacolo da fiaba con la città che sembra sorgere dal Lago inferiore, disegnando il suo profilo quasi a galleggiare sull’acqua.

Il primo approccio è con la monumentale piazza Sordello, sulla quale si affacciano gli edifici due e trecenteschi che furono per secoli il cuore del potere: il Duomo, con i suoi vari rimaneggiamenti architettonici, il Palazzo Bonacolsi, sede della prima famiglia signorile della città, e il Palazzo Ducale, la reggia dei Gonzaga, il casato che governò Mantova ininterrottamente dal 1328 al 1707. Con le sue oltre cinquecento stanze, fu la reggia più vasta d’Europa fino alla costruzione di Versailles; un complesso comprendente edifici, giardini interni, giardini pensili, piazzette, vie, una basilica privata, un castello. Una vera e propria città nella città, o meglio una “città in forma di palazzo”, come venne definito nel Rinascimento.

Uscendo da piazza Sordello e seguendo la cosiddetta passeggiata, o cammino, del Principe, si snoda tutta l’urbanistica medievale, in cui spiccano il trecentesco Palazzo del Broletto e la Rotonda di san Lorenzo, affascinante chiesa di epoca matildica, fino a giungere alla basilica di sant’Andrea, perla dell’architettura rinascimentale e capolavoro indiscusso di Leon Battista Alberti.

Proseguendo verso sud si arriva al Palazzo Te, residenza estiva voluta da Federico II Gonzaga, figlio di Isabella d’Este, la marchesa che nel Cinquecento fece di Mantova uno dei più importanti centri culturali d’Europa. Progettato e costruito da Giulio Romano, allievo prediletto e più promettente di Raffaello, il palazzo è uno spettacolo pirotecnico di architettura, urbanistica e pittura, e dà perfettamente l’idea di quell’amore per l’arte che portò i Gonzaga ai primi del Seicento ad avere la più grande collezione d’opere d’arte mai vista fino ad allora (celebrata lo scorso anno con ‘La Celeste Galeria’).

Tornando sui propri passi verso la zona di via Accademia, ecco sorgere in perfetta armonia con il tessuto urbano gli edifici del Settecento asburgico, tra cui spiccano il Teatro Bibiena e la Biblioteca teresiana. Una quasi dichiarazione d’amore da parte dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria che, pare, elesse Mantova a sua capitale privata, beninteso senza che questo offuscasse minimamente Vienna e gli altri maggiori centri imperiali.

Come dicevamo all’inizio, l’elemento che contraddistingue Mantova è l’acqua. Circondata da tre laghi, creati alla fine del XII secolo dall’ingegnere Alberto Pitentino per bonificare l’impaludamento del Mincio (un quarto fu prosciugato nel XVIII secolo), la città si presenta quasi come un’isola.

In estate il più a monte dei tre, il Lago superiore, è in più punti interamente ricoperto dai fiori di loto, importati ai primi del Novecento dal lontano Giappone da una studiosa di biologia e perfettamente adattatisi al clima locale.

Una breve crociera fluviale fornirebbe così un piacevole intermezzo naturalistico in quella che oggi è finalmente diventata un’area protetta, con la costituzione del Parco del Mincio, seppur ancora minacciata, come del resto l’intera città, dalla mostruosità del polo petrolchimico che sorge sulle rive orientale e meridionale del Lago inferiore.

(pubblicato originariamente su Caffè Mantova il 1° ottobre 2003)

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