Fuggito da Milano all’arrivo dei francesi nel 1499, Leonardo fece sosta a Mantova, dove fu accolto da Isabella d’Este, la carismatica e acculturata moglie di Francesco II Gonzaga. Isabella, che a Milano aveva visto il ritratto di Cecilia Gallerani, ne era rimasta talmente affascinata da desiderare intensamente un ritratto da parte dell’artista.
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Si sa dalle fonti che Leonardo dovette lavorare ad almeno due ritratti, ma in tutta probabilità l’esecuzione non andò oltre il disegno preparatorio. Un primo disegno era rimasto a Mantova e nel 1501 venne donato dai Gonzaga, facendone perdere le tracce. Un secondo disegno venne invece portato da Leonardo a Venezia e dai primi del Novecento viene in genere riconosciuto nel cartone conservato al Louvre. Esso presenta tra l’altro una serie di forellini lungo le linee di contorno della veste e della mano destra, che testimonia come l’opera fosse pronta per lo spolvero, la tecnica con cui si riportavano, tramite un tampone di polvere di carboncino, i puntini che avrebbero guidato la mano del pittore sul supporto finale.
Nell’ottobre 2013, a conclusione di uno studio triennale, Carlo Pedretti ha presentato un ritratto di Isabella come santa Caterina d’Alessandria, conservato in una collezione privata svizzera, come il dipinto avviato da Leonardo, che ne avrebbe realizzato il solo volto, mentre il resto sarebbe stato concluso alla meglio da qualche artista successivo. L’opera è stata vagliata da ricerche documentarie e tecnico-stilistiche, confermando una datazione al carbonio-14 e un’analisi chimica dei pigmenti del viso compatibili con il tempo e l’opera di Leonardo. Con la fluorescenza sarebbe inoltre riapparso il segno del cartone oggi al Louvre, compreso il libro nelle mani della marchesa, sostituito poi dalla ruota dentata.
Occorre però dire che tale identificazione, che rivelerebbe peraltro il quadro come l’unico dipinto di Leonardo su tela, trova però al momento una nutrita schiera di scettici.