La Gazzetta di Mantova riporta oggi, 24 settembre 2019, di nuovi ritrovamenti nell’area di scavi archeologici etruschi del Forcello, a pochi chilometri dal capoluogo. Riporto il collegamento all’intervista annessa all’articolo.
Il pezzo mi offre l’occasione di raccontare un po’ gli esiti delle mie saltuarie ricerche sulla Mantova etrusca.
Se nel frattempo, etruschi o meno, vi interessa una visita alla scoperta della Mantova archeologica, scrivetemi pure.
Forse non tutti ne sono a conoscenza, ma la città di Virgilio e dei Gonzaga infatti prima di conoscere la pax romana fu proprio un insediamento etrusco. Anzi, come il suo nome stesso rivela, un insediamento di fondazione etrusca. Mantua, come la chiamavano i romani, è infatti la latinizzazione dell’etrusco Manthva, a sua volta derivato da Manth, il dio degli inferi corrispondente grosso modo al greco Ade.
L’associazione venne loro quasi certamente dalle caratteristiche ambientali del luogo: la palude che circondava l’isolotto su cui sarebbe sorto l’insediamento, con le sue nebbie invernali e i suoi miasmi e afa estivi, era probabilmente vista come un accesso al mondo ctonio. Non è certo una stranezza: anche per i greci e i romani paludi e vulcani erano spesso porte d’accesso al regno dei morti.
Proprio per questo collegamento privilegiato la Mantova etrusca potrebbe essere stata non inverosimilmente anche centro importante per le divinazioni, le quali peraltro erano una delle passioni, se posso dirlo così, degli etruschi. E l’eco di tale vocazione potrebbe spiegare perché Virgilio nel X libro dell’Eneide abbia associato la fondazione di Mantova proprio ad un’indovina, per quanto d’altra stirpe: Manto appunto.
Sarà stata forse la consapevolezza che all’origine di Mantova c’è anche questo antico raffinato popolo italico a spingermi qualche anno fa a dedicare all’arte romana ed etrusca una mostra fotografica e alla lingua etrusca un applicativo informatico?
Chi può mai dirlo.